venerdì 20 giugno 2014

La mia Fulvia Coupé rallye 1,3 ero "vintaggissimo" anche da ragazzo.

 Con il nomignolo “leva lunga” gli appassionati raggruppano le Lancia Fulvia Coupé prodotte dal 1965 al 1970, che hanno appunto la leva del cambio lunga. Questo e altri particolari le distinguono dalle Coupé della seconda serie prodotte dal 1970 con più accessori e con sospensioni che le tengono più alte da terra perdendo qualcosa rispetto alla grazia assoluta delle “leva lunga”.
 Queste foto sono della mia Rallye 1,3 cofani e portiere in ALLUMINIO!
 Chi non è appassionato di auto d'epoca non può capire cosa si prova a guidare un automobile del 1968 in tempi moderni! Quando vivevo in Italia i ragazzi della mia età sbavavano per la Golf Terzo modello, io ci avrei CAGATO SOPRA!
 Con questa Fulvia ho fatto cose che rimarranno epiche! Una tenuta di strada senza eguali, il motore solo 1,3 comunque rendeva abbastanza e sul misto nessuno mi stava dietro!
 Con la Fulvia d'epoca ci andavo a FIGA e qualche "scimmia" mi diceva è una "Ferrari d'epoca" ^_^
Le donne non hai mai capito una mazza di motori, quelle dei tempi nostri poi pensavano solo alle Golf di Merda oppure alle AUDI A4, ma sui sedili in FINTA PELLE della Fulvia che si Ribaltavano e diventava un salotto me le sono TROMBATE TUTTE!
 La Berlina della Fulvia ERA UN CESSO, LA COUPE' SPETTACOLARE!
La Fulvia Coupé nacque nel 1965 dalla tradizione Lancia di affiancare alle berline le versioni sportive in collaborazione con i carrozzieri. Con la Fulvia la Casa inaugurò la procedura nuova di fare tutto da sola, dalla progettazione alla costruzione. Evidentemente considerò la possibilità di ridurre i costi e soprattutto di affrontare con tempestività una condizione critica. Per quanto fosse un’ottima automobile, la Lancia Fulvia berlina risentì più delle altre degli effetti della congiuntura economica del 1964, quando per la prima volta dagli anni ’50 le vendite delle auto nuove subirono un calo. La fascia di cilindrata fra i 1.000 cc e 1.500 cc fu la più colpita. Così, delle 124.745 auto immatricolate in meno rispetto al 1963 ben 11.885, pari al 9,5% del totale, appartenevano alla Lancia, la quale incideva sul mercato con un modesto 3,6%. In valori percentuali le cifre possono apparire modeste, ma in valore assoluto le Fulvia berlina invendute avevano un peso enorme.
 La definizione della veste estetica fu assegnata al designer Pietro Castagnero, coadiuvato da Aldo Castagno. Il primo fu “ il fantasista” che concepì lo stile, il secondo “l’uomo d’officina” che ridusse le utopie del creativo in termini producibili industrialmente. L’idea che accese l’inventiva di Castagnero fu quella dei motoscafi Riva, vanto italiano nella motonautica. Girando attorno a quest’idea immaginò il frontale a spigolo, le fiancate dritte e la coda convessa come nei motoscafi. Dall’elaborazione di diverse soluzioni arrivò a quella definitiva, alla quale poi con Castagno apportò gli adattamenti necessari per la costruzione con le attrezzature della Lancia. Il primo prototipo piacque subito ai dirigenti ed entrò in produzione con variazioni minime: il tetto un po’ più alto, i montanti posteriori più sottili e il profilo cromato sul perimetro della coda. Fra le peculiarità stilistiche, oltre ai richiami “nautici” del cofano a V in pianta e della coda convessa, si possono notare le ampie superfici vetrate laterali rese possibili rialzando il tetto ai lati con il motivo “a pagoda” della Mercedes 230 SL, la presa d’aria per la ventilazione dell’abitacolo presa anch’essa dalla Mercedes, il piano inclinato che raccorda la linea di cintura alla fiancata, infine la composizione dei doppi fari anteriori racchiusi insieme con la calandra in una cornice cromata dalla quale restano fuori con un effetto curioso gli indicatori di direzione.
 Con le vendite che andavano a gonfie vele, la Fulvia Coupé divenne un “must” per la clientela giovane e sportiva e ad un certo punto le eccezionali qualità del telaio la spinsero a chiedere più potenza. La risposta non si fece attendere, si chiamò Fulvia Coupé rallye 1,3. Debuttò nel 1967 con la cilindrata portata da 1.216 cc a 1.298 cc, due carburatori Solex C 35 PHH al posto dei Solex C 32 PHH, la testa con i condotti ridisegnati e un nuovo imcerchi pianto di scarico. La potenza salì a 87 CV e la velocità massima a 170 km/h. Per aumentare il diametro dei pistoni fu necessario stringere da 12°53’ 28” a 12°45’8” l’apertura della V formata dai cilindri per evitare interferenza fra le canne. Il motore 1300 siglato 818.302 non fu la sola novità del modello. Nella meccanica ci fu anche l’assale posteriore con le estremità in alluminio anziché in ghisa per ridurre le masse non sospese. L’alluminio debuttò anche nelle porte e nei cofani, facendo scendere il peso da 960 a 925 chili. Altre modifiche riguardarono lo specchio retrovisore esterno, l’aumento delle dimensioni di quello interno, l’impianto di aerazione e riscaldamento con i comandi a levette e la scritta sulla coda rallye 1,3, che oltre a distin- guere il modello ricordò le vittorie nei rallye che la versione da corsa HF otteneva a man bassa. La differenza di prezzo tra la normale e la rallye 1,3, di sole 85.000 lire, orientò la clientela sul nuovo modello. Non ottenne invece consensi l’aggiunta delle tre tinte metallizzate: rosa, azzurro e argento disponibili con supplemento di prezzo di 70.00 lire. Ciò è comprensibile se consideriamo il rosa, un po’ meno le altre tinte che di fatto rimasero sulla carta per scarsità della domanda.
 Il Volante Nardi originale, i "dadi" sullo specchio retrovisore interno, lo specchio esterno modello "Ferrari California cromato", l'autoradio dell'epoca, le chiavi accensione e perfino il portachiavi dell'epoca e nel vano cruscotto il porta documenti ORIGINALE concessionaria di Lancia di Verona.
 Sono sempre stato un perfezionista malato!
Questi carbutatori erano difficile da mettere in "sincronia", ci voleva la "colonetta di mercurio", i più vecchi di voi la conoscono...
Ma io andavo AD ORECCHIO!
CACCIAVITE E BRUMMMMMMMM
 L'ho Venduta ad un Tipo di Milano, era un appassionato vero, sono certo che ha fatto una "buona fine", ma era un tipo abbastanza "anonimo", sposato, giovane fuori dentro vecchio.
Quindi mi sa che di "chiavate" la cara Fulvia ne ha viste poche dopo di Martino...
 Mi manchi, o forse NO!
Diciamo che mi manca quell'epoca, quando ancora non ti mettevano dentro se bevevi un paio di Birre o facecevi i "freni a mano" intraversandoti sulle rotonde...


BY Retro Man Phuket
(All'epoca Martino)

sabato 14 giugno 2014

avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni


Un reggimento di poveri operai di partito

una scopata per caso e l'anello è gia al dito
e poi a ventenni crescevano coi denti cariati
i perdenti da loro generati

mi ricordo un piazzale mi vestivo gia male
convinto che io non ero uguale ma
avevo amici daltonici precoci gia tristi
allegramente fatalisti

avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
io quando avevo vent'anni avevo sonno

dalla terrazza sul mare sino al centro sociale
manciate di sputi e poi finiva gia male
c'era quello gia povero e chi ci diventava
la fica alla fine li uccideva

avevo tasche stracolme di cazzate orientali
ottimismo da spiaggia e coltellini speciali
e credevo al momento come a babbo natale
che fondamentalmente è uguale

avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
avevo solo vent'anni avevo solo vent'anni
io quando avevo vent'anni ero uno stronzo

venerdì 13 giugno 2014

BOOMBOX La musica in una scatola anni 80

 Ho scoperto che non è la stessa cosa!
La musica anni 80 la devi ascoltare da una cassetta e con il BoomBox meglio se AIWA!
Mp3 la moda delle Dock Station per Iphone è RIDICOLO:
http://gadgetsin.com/uploads/2010/09/boombox_styled_ipod_dock_with_portable_speakers.jpg
Non è la stessa cosa, il suono è diverso, al tatto, alla vista, è un'esperienza "armeggiare" con le vecchie musicassette!
Sto recuperando con notevole difficoltà degli Stereo anni 80 http://www.stereo80s.com/ tutti hanno la cinghia delle cassette andata, ma si può "rifare" e ne ho sistemati alcuni.
Purtroppo a Phuket in Thailandia NON SONO MAI ARRIVATI, non se ne trova traccia nemmeno nei mercatini dell'usato! Ho guardato ovunque, magari nella capitale Bangkok.
Devo per forza farmi spedire tutto, perfino le cassette Zero mi guardano come un alieno quando gli chiedo se ne hanno in magazzino.
Ma l'esperienza è stupenda se poi la Musicassetta che si fa suonare è originale, ripaga di ogni "sforzo", su Ebay le trovi ancora imballate a pochi Euro.
 NEW YORK Boom bàmba boom boom. Da dove cominciare se non da qui? Quel ritmo incalzante ti entrava nelle orecchie per non uscirne più. Pump up the volume: alza il volume. I ragazzi con i radioloni erano ovunque. Da Brooklyn a San Babila. A Milano sulle scalinate dietro al McDonald' s - proprio lì in centro: altro che ghetto. I radioloni a palla che razzisticamente si chiamavano «da neri». Mica solo da noi. Anche qui a New York. Lo dice pure Spike Lee che non gli è mai piaciuta la definizione razzista di ghetto blaster: le radio del ghetto che la sparavano a tutto volume. Però Spike è politicamente corretto. Anche troppo. Per dire: lo storico della musica nera Nelson George ricorda che la prima volta che ascoltò quella diavoleria chiamata rap si trovava sotto la sede dell' Amsterdam News lassù ad Harlem: «Un ragazzino avanzò con il suo ghetto blaster col volume alzato a dieci».
Nel 1978 era «una tipica esperienza urbana per quei tempi: le radiolone portacassette avevano portato devastazione nella sacralità degli spazi pubblici ormai da qualche anno». Boom bàmba boom boom. Una giornalista della Npr l' altro giorno è andata in giro per Washington Square trascinandosi dietro uno di questi vecchi boombox. Lì, proprio nel cuore del Village. Tra l' universitàe la Quarta Strada West dove Bob Dylan abbracciava Suze Rotolo sulla copertina di Freewhellin' : 1963.E che cosa hanno risposto quei signori che pure convivono da sempre con ogni tipo di bohème? Che cosa ricordano di quei mostri? «Il rumore!». Sì, è passato quasi un quarto di secolo e solo Lyle Owerko poteva provare a riscattare quest' obbrobrio dall' oblio. «Sono sempre stato affascinato dal significato delle cose piuttosto che dal semplice aspetto». Ci mancherebbe. Come fai a chiamarli belli questi colossi di transistor e di watt? The Boombox Project è il libro in cui Lyle prova a ripercorre la s t o r i a d e l l e «macchine, la musica e l' underground urbano». Ma occhio: Owerko nonè il fotografo glamour che t' aspetti. Da New York ha girato mezzo mondo prima di rientrare dal Sudafrica proprio la mattina dell' 11 settembre 2001. Per correre sotto casa e scattare le foto delle Due Torri in fiamme finite sulla copertina di Time. E quella dell' Uomo che cade che è diventato il titolo di un romanzo di Don DeLillo. Ecco: DeLillo saprebbe cos' è il rumore. Il Rumore Bianco di un altro suo successo. Il rumore della solitudine che la rockstar Bucky Wunderlick rinchiude nel suo amplificatore nel primo romanzo sulla crisi del rock: Great Jones Street. Il nome di una via proprio dietro a Ground Zero. Del resto la storia dei boombox sarà mica solo storia della musica nera. «La prima volta che ho sentito Kashmir dei Led Zeppelin» dice sempre Owerko «veniva dai radioloni». Kashmir??? Oddio: il gioco senza frontiere non si ferma più. Per esempio: solo uno scherzo poteva far nascere lo strumento che sarebbe stato il simbolo della rabbia nera nel diligentissimo Giappone. È laggiù che Sharp, Jvc, Aiwa, Sony si lanciano in quella corsa alla miniaturizzazione del suono che porterà alla produzione di due apparecchi diametralmenti opposti. I radioloni appunto.
 E il walkman. Se non li metti insieme non cogli le due facce della stessa medaglia.I radiolonie le cuffiette sono la disintegrazione del moloch della radio e dell' alta fedeltà. Certo: per i giapponesi vale più l' esigenza di fare spazio nelle loro case sempre più piccole. Ma per il resto del mondo è una rivoluzione sociale. La fine dell' ascolto di famiglia. Ricordate Walter Benjamin? Come cambia l' opera d' arte nell' epoca della F sua riproducibilità tecnica. Beh: lui pensava a fonografo e radio. E che rivoluzione fu la sala da concerto che si godeva in salotto. Ma poi dal salotto la musica finì sulle strade. Con i radioloni e il walkman. Boom bàmba boom boom. Dalla libertà allo sfregio (dello spazio pubblico) il passo è breve: soprattutto se sei una montagna nera di muscoli e rabbia che non vuole abbassarsi al gusto degli altri. L' aveva capito David Foster Wallace nel Rap spiegato ai bianchi: «In molti sensi - parecchi piuttosto perversi - il rap, a livello di forma e contenuto, rispedisce al mittente la busta "libertà" con una forza che non si era più vista dai tempi di James Dean ed Elvis Presley». Dice in parole più povere Owerko: il boombox è grosso, è ostentazione. Rappa in parole ancora più povere LL Cool J: «Mi dispiace se non capite / ma io ho bisogno di sentire / questa radio tra le mani / Non voglio mica disturbare nessuno / ma il mio volume / resta fisso al massimo». Ma allora perché alla fine ha vinto il walkman? «Il mio boombox oggi si chiama iPod» dice Fab 5 Freddy: che oltre a essere un profeta dell' hip hop fu compagno d' arte di Basquiat. La fine di un mondo? Ma no: in fondo dai radioloni alle cuffiette è la continuazione del volume con altri mezzi. Boom bàmba boom boom: e tanto peggio per chi non sta mai ad ascoltare.

BY Retro Man Phuket

domenica 8 giugno 2014

Mondo che cambia ma non tutti siamo "pronti"... Fanculo i Bimbominkia moderni!

I Baiosi fine anni 70 inizio 80
Le cassette del Cosmic e della Baia
Le Vespe con adesivi e bauletti "stereo" 
I nostri/vostri figli stanno crescendo "nascosti dietro una tastiera" collegati 24H dormono con lo Smartphone in mano? Attenzione! Vi ritroverete in casa dei BimbiMinkia!
Consiglio che vi posso dare?
Fategli ascoltare una cassetta, ma no so Youtube tirate fuori il vostro BoomBox stereo dalla soffitta e le cassette del Cosmic e sparatele a palla per 1 Ora al giorno.
Raccontante di quando non esistevano i cellulari e ci si ritrovava nelle piazze di paese, con la Vespa si macinavano chilometri oppure in Autostop perchè allora il mondo era migliore non pieno di cazzo di Psicopatici e Bimbominkia.

Vespa con adesivo Melodj Mecca

Baiosi al Cosmic



(sto raccogliendo materiale per raccontare chi erano i "baiosi" visto che molti di voi sicuramente non lo sanno)


NEL 2014 COME SIAMO MESSI?


Quote rosso1 [ pR!nç!P€ $0gN@nT€ ] [18\me] Quote rosso2

~ Bimbominkia alle prese con l'amore
Quote rosso1 veramente io nn sn 1a bimbaminkia le bimbeminkia sn quelle a qui piacciona quelli della disney cm demi lovato jonas .i fan di justin nn sn dei bimbiminkia !! Quote rosso2

~ Bimbaminkia su la verità fa male[1]
Quote rosso1 Impariamo l'abk! Quote rosso2

Caratteristiche tipiche

Il bimbominkia, sia esso maschio o femmina, è tipicamente di età compresa fra i 9 e i 18 anni, anche se non mancano eccezioni come Mr. Lui. Lo si riconosce principalmente per il suo modo di scrivere in chat e per i luoghi virtuali dove lo si può trovare; ha uno sprezzo totale dello stile classico e compatto di molti programmi e servizi del tempo che fu (vedi IRC), ai quali preferisce cose luminose, rumorose, colorate e lampeggianti con le quali può allegramente sgretolare i maroni a tutta la sua lista di contatti di MSN. Quando scrive su MSN, dato che utilizza una media di 8 emoticon per ogni lettera, riduce i suoi messaggi a dei geroglifici. Di solito si esprime usando solo faccine del cacchio nella convinzione di vivere in un SMS con tutte le relative abbreviazioni. Solitamente adora dire in giro che ascolta i Finley o i Tokio Hotel (TH per i veri fan), li sogna perennemente single ed eterosessuali sperando inutilmente che anche lui[3]/lei possa essere nei loro pensieri, ed è disposto a tutto per difendere i suoi beniamini dalle maldicenze della gente invidiosa.

L'atteggiamento

Il bimbominkia, che è già intrinsecamente odioso a causa delle sue caratteristiche innate, è reso ancora più odioso dalla sua ignoranza ed inutilità.
Passa gran parte del suo tempo a tirarsela, a sparare stronzate a raffica per vantarsi, a inventarsi trombate con donne bellissime, ad ammazzarsi di seghe con maratone di film porno o a espellere stronzate mielose via chat. Si comporta da tipica e fastidiosissima palla al piede (da cui il soprannome di "tarzanello") e cerca sempre di dimostrare la propria superiorità nei confronti degli altri.
Se su MSN lo si ignora inizia a mandare vagonate di trilli a raffica, sfruttando un simpaticobug di MSN; non concepisce l'assenza di una persona dall'altra parte del computer, dunque deve verificare almeno quarantadue volte al minuto la tua presenza, mandando messaggi inutili e fastidiosi. Se lo blocchi, troverà il modo per tornare a comunicare con te: non appena ci riuscirà, il primo messaggio sarà una sgommata di spam. Oppure ti inviterà in una conversazione con 180 persone, di cui 125 maschi-arrapati-da-MSN, 20 pronti a liberarsi del bimbominkia, 30 a cui si brucia il computer e 5 amici del bimbominkia.
Nella vita reale (perché purtroppo esistono), il bimbominkia vive in piccoli branchi legati a diversi giochi online come Counter Strike. Fuma (generalmente Camel Super Light o Diana[4]), beve (ma solo Bacardi Breezer allungati, posto che due dita di Lambrusco, così come qualsiasi bevanda dal tasso alcoolico superiore al 5%, scodellano al bimbominkia medio apocalittiche visioni psichedeliche), si droga con l'aspirina C spacciatagli per ecstasy dal suo compagno di scuola per la modica cifra di 25 e si convince di aver avuto rapporti anali con la figa della scuola. Infine spacca i coglioni al mondo con le sue teorie e convinzioni inventate durante una partita alla PS4 al solo scopo di far vedere che lui è uno che la sa lunga. Ha duecentoventordici numeri di telefono memorizzati nel telefono cellulare ma nessuno ha il suo.

Ma tu che vivi in Thailandia cosa ti lamenti? Non ci sono i BimbiMinkia!?


Sto cazzo! Questa nazione è la capitale dei BimbiMinkia! Effemminati che non si capisce se sono uomini o cosa le donne che fanno le TomBoy i Katoey (Trans) e tutti con il cellulare in mano 24H a sparere cazzate sui social network! Sono "scesi dall'albero" del cocco ed hanno preso in mano lo Smartphone! Impressionante perchè i giovani Thai evitano accuratamente di parlare del passato proprio perchè i genitori si "vergognano" di quando vivevano nella "baracca di lamiera" e non avevano il mega pick-up ma il Salen (carettino attaccato al motorino).
Ma non essendo "casa mia" tralascio il discorso sarebbe incomprensibile per molti di voi che qui magari ci siete venuti solo in ferie...
Passiamo ai Bimbiminkia di casa nostra!

Bimbominkia Italiano

Ai bimbiminkia piace minacciare la gente, meglio se vive a migliaia di chilometri da loro e se non si sono mai nemmeno visti dal vivo; se poi un interlocutore è straniero, vera manna dal cielo per il bimbominkia, gli verranno inviati insulti e bestemmie, ovvero le uniche parole inglesi che conoscono, il tutto correlato da simpatiche minacce nello slang di W.O.W., tanto, chi li conosce?
Spesso quando non sanno cosa dire perché si sentono con le spalle al muro su qualsiasi argomento finiscono per offendere l'altro interlocutore riguardo l'aspetto fisico quando sanno benissimo anche loro di avere la faccia da culo/schiaffi, oppure biascicare monosillabi e vocali discutibilmente esistenti nei dizzionari/vocabbolari itagliani.




Bimbominkia Thailebano! Ci sono pure loro!!!!


Chi sono? Connazionali che hanno trovato nella Thailandia una specie di "porta per universo parallelo". Secondo loro la Thailandia è il posto più bello del mondo, popolato solo da gente sorridente, onesta, e laboriosa... Dove poter un giorno migrare, vivere con 300Euro al mese in ciabatte e canotta Chang (birra locale) ed ogni sera FESTA nei vari "zoo" di Patong o Pattaya.
Il Thailebano Italiano ama trovarsi su Facebook principalmente in pagine FAN sulla Thailandia, odia chi come il sottoscritto racconta la verità su questo paese e non sopporta che qualcuno "rovini il sogno"... Molti Thailebani vivono svendendo il sogno di una vita perfetta a BimbiMinkia che poi trovandosi davanti ad una realtà disastrosa si "lanciano dal Balcone".

giovedì 5 giugno 2014

La Baia, ormai, è un gran bel dejà vù.

 Baia degli angeli

Cielo,    Speranza, Crollo
di Matteo Tassinari



La "Baia degli angeli" è stata la discoteca italiana più famosa all'estero per poi divenire il ritrovo di una fauna umana extra-large, imperatrice di una generazione "consorziatasi" per poco tempo, 4 anni, non di più. Anni che hanno lasciato il segno come in tutte le vicende umane, tutta ottima "carne" da romanzo. L'immacolata scalinata del mito cominciò il 29 giugno 1975 e la notte non fu più la stessa e le stelle fecero più luce. La discoteca sorgeva a strapiombo sul mare, godendosi di una ampia vista panoramica che dava l'occhio sulle rocce di notte, zeppo di luci al largo di quella chiazza immensa d'acqua, con pescherecci e piccole e modeste imbarcazioni da porto.

LA discoteca
Senz'altro la discoteca più Cool di tutti i tempi in assoluto, poi non è più nata un'altra simile, e lo scrivo sfacciatamente quel "Cool", perché* fu un'alchimia ricca di creatività e feconda di piccoli geni. Certune gli sono andate vicino. Se penso al "Much Moore", oppure al "Goody Goody", il "Cosmic". Ma niente da fare. La Baia era degli angeli, per questo rimarrà LA Discoteca. Lestoriche 2Cavalli Citroen, Squalo, CX, Ami8, Dyane, Renault4, Maggiolini Volkswagen di tutti i colori, le nostre macchine, che hanno scorazzato i nostri deretani per chilometri e chilometri della Penisola, con valvole cerebrali alienate o più semplicemente, sconvolti. Non è esagerato dire che per il popolo della notte, molto è partito da lì, tendenze, modi gestione del locale, l’era dorata della disco pop, i clubbing, il glam, i primi privè. Tutto quanto apparteneva al vento fresco che ci avvolgeva per sprigionare un'energia che si respirava anche se avevi il raffreddore. Un periodo, mai più realizzabile, s'avviava per poi troppo presto tramontare. Visse poco, come tutte le più belle cose.
La "Baia" all'aperto di giorno

Gabicce chiama,
New   York risponde

Dopo un anno in cui era stata gestita come "Sporting club" (con ingresso riservato ai soli soci e scarsi risultati economici) il titolare e imprenditore Giancarlo Tirotti, ne fece un richiamo tribale e ancestrale, che oltrepassò l’oceano. Tirotti colse al volo il garbino che arrivava leggero dal Golfo del Messico, partiva dalle parti di Capocabana. Come imprenditore effettuava viaggi per affari negli Stati Uniti e frequentava la scena disco newyorchese a-la-pagè come lo "Studio 54" dei mitici Steve Rubell e Ian Schrager, la discoteca della Grande mela realizzata alla 54° strada di Manhattan, tra la 7° e l'8° Avenue, aperta dal 1977 al 1986. Tirotti non aprì semplicemente un nuovo locale, creò l’archetipo della discoteca relegando dancing e night nell’archeologia del divertimento notturno. Il club era allestito all'interno di un teatro che fino al decennio prima serviva da studio televisivo, da qui il nome. Fu il primo locale a scegliere la strada dei Dj come i veri protagonisti del locale. Come accadde nella metà degli anni 70, i club di tendenza avevano soppiantato la "scaletta" tradizionale dei locali, che prevedeva l'alternanza di cinque pezzi veloci con cinque pezzi lenti, abitudine seguita universalmente. I Dj suonavano sempre e solo dance-music per tutta la sera, mixando un brano con l'altro con sapienza da veri musicisti autentici, tanto che spesso suonavano strumenti sui brani che mettevano sui piatti della sala.
Spranga, Mozart, Rubens, Ebreo

Il vento della Baia

Tutto partì da .
L’era dorata della Disco fatta di soul, blues, equalizzazioni dei suoni, alti, bassi, l'arte del miscelare musica alla perfezione, i Clubbing, il Glamour, le mode di quel tempo, David Bowie, Velvet, Ian Dury, i Tropea. Per noi, tutto nasceva alla Baia. Tirotti fiutò il tutto, grande impresario, portando ai bordi della Romagna una parte di quella magica atmosfera della Grande Mela, creando l’archetipo del "Ritrovo perfetto" aperti fino alle sei mattutine, puntando sempre sulla figura preminente del dj, come dovesse incarnare il Brand del locale stesso, fino a fare del Dj, nulla a che vedere con quelli di oggi, ma proprio nulla, un vero capo tribù, da Bob & Tom, a Mozart e Rubens e Baldelli. Nomi, all'epoca, che aprivano tutte le porte del mondo underground fine '70, inizio '80. E per tanti amici e amiche ho detto tutto.

Lo Studio 54 di Manhattan da cui la Baia prese spunto

Marylin, Palme, Cocco, Columbus

A Tirotti quest'idea piacque e decise di importarla in Italia. In un locale ascoltò le selezioni di Tom Season e Bob Day, due dj con il ritmo nel sangue e li scritturò per il suo locale. L'acquisto più azzeccato per voltare pagina, e scrivere pagine di libertà e protagonismo al plurale indicibili, indescrivibiliinenarrabilisbalorditivistrabiliantiincredibili, supremi, inimmaginabili e inarrivabili. Ho esagerato? Ma certamente. Si, che ho esagerato, ma per chi non c'era però e quindi non potrà mai cogliere l'elettricità spumeggiante che circolava su quel monte dalle 19 di venerdì e sabato notte, alle 8 del mattino, la "Dea bendata" non poneva limiti e per questo non finirò mai di ringraziarla. Perché chi c'era, per poi al mattino fermarsi al "Columbus" di Riccione in fondo a viale Ceccarini, proprio a ridosso del mare piatto e ancora fresco, sa perfettamente dell'energia imperante. Gli adesivi giganti di Marylin Monroe, angeli in gadget, Palme di cocco dappertutto, Jim Morrison stampato negli sportelli delle 2cavalli, muri e dove si poteva lasciare il segno per chi non sapesse dove fosse l'agognata "Baia".
Intervista al Dj Baldelli sul fenomeno Baia degli Angeli. 40 anni dopo
Stop ai lenti, tutto soul and sound
Fu la prima discoteca a suonare musica da ballo "veloce" non-stop, niente lenti, e tanto, ma tanto soul, reggae e Disco Blues, questa era la formula commerciale e culturale vincente. La musica che si ballava nelle 3 piste della Baia, non si sentiva negli altri locali. Bob e Tom, infatti, avevano stipulato un accordo con i rivenditori di dischi della Grande mela che assicurava loro l'esclusiva in Italia su tutte le novità discografiche di N.Y.city. Il grande ingranaggio era oleato al punto giusto per partire. A metà degli anni 70 il botto fu tale che a New York si parlava della Baia degli Angeli di Gabicce Monte, come si parlava dello "Studio 54". Era nata una stella e un Angelo aveva spiccato il volo. Noi, come in trance, assistevamo a qualcosa di potente sia nella forma come nella sostanza. Dire che non vivo ora un grande rammarico per come s'erano messe le cose all'epoca e vedere l'oggi, mi assale un senso di depressione ancestrale che non desidero neppure spiegare, non per mancanza di rispetto, eppoi che centra, ma perché è come girare il coltello infilato nel costato. I nostri sogni avevano trovato la strada. Almeno per un po e così ci parve. 

Oggetto di culto

Bob&Tom agli FdF



Bob e Tom, due miticompagni anche nella vita, si recavano tutti i mesi a New York per scegliere le novità da suonare nel locale. Perché i primi  frequentatori della Baia, come me, a casa avevano due piatti (Lenco o Thorrens), un mixer (il Delta), due EffeDieffe per evidenziare alti o bassi, due equalizzatori per regolare il tono del brano di turno e una piastra Sony, possibilmente, con 4 casse della Grundig che pompavano al ritmo più opportunoLa Baia fu anche la prima discoteca in Italia a chiudere alle ore 6 del mattino, poi  via in massa al Columbus a Riccione a mangiare paste con crema e cioccolato appena sfornate e cappuccino per riprendersi dall'antico baillame. Tutte queste accuratezze, sommate esplodevano in un mix di tendenze vincenti, rendendo il locale rinomato anche all'estero. Nel 1979, fu eletto al 3° posto dei primi cinque locali di tendenza d'Europa arrivando al 3 ° posto. Il primo se l'aggiudicò il  "Merveilleux2000" di Parigi, mentre al secondo si posizionò il "Madness kings tavern London". Erano i tempi dove dalla discoteca venivano lanciati raggi laser in cielo, una "stella cometa", un richiamo al centro di tutto, così sapevamo dove orientarci per raggiungere il locale, l'aiuto serviva, ve lo garantisco, considerata la lucidità di qualcun@. Alla ricerca della Luce, era da vedere così, a quell’età, dai 18 ai 25 anni. Una sera, nell'estate del 1979, vidi una giovanissima e moracciona Loredana Bertè con tre maschi al seguito. Lei sbronza dura, anzi proprio secca. Troppo evidente. Era il periodo che intonava "E la luna bussò". Era un gran bel periodo. Resounding.

Irrompere l'Immaginario



Ballare     in piscina

Anche in questo la Baia fu la prima in Italia. Irrompere l’immaginario. L'interno dell'edificio ospitava ambienti fastosi ed eleganti, in cemento bianco con foto di Marylin Monroe sparse. Tutto l'interno era illuminato da una batteria di fari posta su un braccio meccanico che poteva muoversi da una pista all'altra. La pista da ballo centrale era circondata da due piscine, mentre un'altra piscina era sovrastata da una passerella in cristallo sulla quale i clienti potevano ballare. La consolle del disc-jockey era posta all'interno di un ascensore con le pareti di vetro. Il dj poteva quindi, a piacere, salire al primo piano, dove aveva una vista completa della pista esterna, adiacente alla piscina. Era anche presente un negozio di abbigliamento che si chiamava Happy Fashion. Il tratto di una generazione che voleva far tendenza sbattendosene della politica.

Grace Jones, a sinistra Baldelli, a destra Mozart Dj della "Baia" nel 1980

                        Dal tramonto all'alba


L'importanza del locale fu evidente nel triennio 1976-1979, quando la Baia si ritagliò la fama di luogo di tendenza europeo grazie alle scelte musicali innovative ed all'orario prolungato fino all'alba. Bob e Tom lasciarono il locale alla fine del 1977, sostituiti da Daniele Baldelli con Mozart, che diventerà un personaggio simbolo del locale insieme ad una nuova new entry successiva: Rubens, per me il migliore di tutti i Dj in assoluto. La Baia faceva conoscere la propria musica anche con le audiocassette registrate dal vivo, gelosamente custodite come cimeli di un'epoca passata troppo veloce che neanche ce ne accorgemmo che noi eravamo gli attori inconsapevoli di un film che non sembrava vero, perché era troppo innata la curiosità, la voglia di scoprire, la tensione, la passione, l'energia, una miscela esplosiva tipica del mondo giovanile. Fino a sbaragliare i propri limiti per irrompere l'immaginario e vivere emozioni che la vita non ti avrebbe mai fatto vivere. Così, anche chi non poteva andarci (a metà degli anni settanta pochi giovani possedevano un'auto propria) poteva ascoltare il suono di Baldelli e Mozart in queste Basf o Tdk nel proprio registratore. Stava per finire il decennio più bello del secolo scorso quello degli anni '70, per aprirsi il più apparente, misero e banale, quello degli anni '80. Le selezioni dei due Dj erano uniche e mai sentite prima, edite esclusivamente solo per la "Baia", per dare quel quid di originalità e qualità a dimostrazione che il locale non scherzava affatto e si sarebbe mangiato anche lo "Studio 54 Live Private Club" della grande mela, mostrando un'attitudine e una versatilità non comuni e confrontate con le altre discoteche che ostinate continuavano a riproporre il solito menage notturno. La Baia aveva il magico potere di allentare i freni inibitori e chiunque si trovava in quella location, veniva contagiato da questa febbre di vivere il presente. Mix disco con l'elettronica dei Kraftwerk e il jazz-rock di Jean-Luc Ponty.


Crollò il mondo, conoscemmo l'eroina


Nel 1979 la discoteca si trovò al centro di un fatto di cronaca nera. Nel parcheggio del locale venne ritrovato un giovane deceduto in stato di overdose. In seguito all'inchiesta, il locale fu chiuso. La proprietà cercò di riaprirlo col nome di "Nepentha", l'angelo della Baia per antonomasia, con lo slogan "L'unica droga è la musica". Questo locale ebbe poco successo, tanto che la nuova avventura terminò dopo circa un anno. Erano cambiati i tempi. L'energia irruenta che c'animava come fa l'argento vivo dei 2o anni, stava per lasciare il posto alla saccheggio di molte anime. E le vene si aprirono al brown sugar, bianca, oppio fumato con pipe sottili e lunghissime, morfina 0.1 e 0.2, anfetamina, eptadone. La devastazione prese piede per esplodere da lì a due anni come una bomba fors'anche da qualcuno innescata. L'eroina nel 1980 la trovavi in ogni angolo del locale e la rotta non era più quella giusta. Era crollato il mondo, non c'era più quella magia affascinante, quell'incanto alla attrazione e alla bellezza.


La Baia chiuse nel 1978
Quell'energia durata appena quattro anni, ci ha segnò come un tatuaggio nell'anima, una gemma fantasma, che nessuno che nessuno può capire se non c'è mai stato, per quanto retorico possa sembrare. Ed è impossibile, anche mi chiamassi William Shakespeare, spiegare quel periodo, gli intrecci, i nostri desideri, la nostra vita al di fuori della famiglia non sempre così protettiva come si vuol dire in certi ambienti cattolici tradizionalisti. Si sa "ogni bella 'a mamma sua", come ogni periodo vissuto è sempre il più bello. Tuttavia, io, scommetto molto sulla Baia e quegli anni travestiti di libertà, di sacchi a spalla e sacchi a pelo per dormire anche per strada , dove capitava. La morte di quel ragazzo ci presentò il conto, anticipando il futuro pronto a sbranarci l'adolescenza. Tempi tristi quelli a seguire. La Baia chiuse nel 1978 vittima del nuovo mondo che forse, anch'essa, aveva evocato. Quegli anni anni coincisero con la diffusione degli eccessi. Ma di questa storia la Baia scrisse il capitolo più divertente, buffo e bowiano, fino a quando non è divenuta tragedia. Una favola, oggi, impossibile a ripetere. Troppe alchimie sono cambiate dal 1977 al 1983. Possiamo divertirci col ricordo, ma non è come vivere la Baia. La Baia, ormai, è un gran bel dejà vù.
Fonte:  mattax-mattax.blogspot.com/2012/01/la-baia-degli-angeli-il-mito.html