venerdì 13 giugno 2014

BOOMBOX La musica in una scatola anni 80

 Ho scoperto che non è la stessa cosa!
La musica anni 80 la devi ascoltare da una cassetta e con il BoomBox meglio se AIWA!
Mp3 la moda delle Dock Station per Iphone è RIDICOLO:
http://gadgetsin.com/uploads/2010/09/boombox_styled_ipod_dock_with_portable_speakers.jpg
Non è la stessa cosa, il suono è diverso, al tatto, alla vista, è un'esperienza "armeggiare" con le vecchie musicassette!
Sto recuperando con notevole difficoltà degli Stereo anni 80 http://www.stereo80s.com/ tutti hanno la cinghia delle cassette andata, ma si può "rifare" e ne ho sistemati alcuni.
Purtroppo a Phuket in Thailandia NON SONO MAI ARRIVATI, non se ne trova traccia nemmeno nei mercatini dell'usato! Ho guardato ovunque, magari nella capitale Bangkok.
Devo per forza farmi spedire tutto, perfino le cassette Zero mi guardano come un alieno quando gli chiedo se ne hanno in magazzino.
Ma l'esperienza è stupenda se poi la Musicassetta che si fa suonare è originale, ripaga di ogni "sforzo", su Ebay le trovi ancora imballate a pochi Euro.
 NEW YORK Boom bàmba boom boom. Da dove cominciare se non da qui? Quel ritmo incalzante ti entrava nelle orecchie per non uscirne più. Pump up the volume: alza il volume. I ragazzi con i radioloni erano ovunque. Da Brooklyn a San Babila. A Milano sulle scalinate dietro al McDonald' s - proprio lì in centro: altro che ghetto. I radioloni a palla che razzisticamente si chiamavano «da neri». Mica solo da noi. Anche qui a New York. Lo dice pure Spike Lee che non gli è mai piaciuta la definizione razzista di ghetto blaster: le radio del ghetto che la sparavano a tutto volume. Però Spike è politicamente corretto. Anche troppo. Per dire: lo storico della musica nera Nelson George ricorda che la prima volta che ascoltò quella diavoleria chiamata rap si trovava sotto la sede dell' Amsterdam News lassù ad Harlem: «Un ragazzino avanzò con il suo ghetto blaster col volume alzato a dieci».
Nel 1978 era «una tipica esperienza urbana per quei tempi: le radiolone portacassette avevano portato devastazione nella sacralità degli spazi pubblici ormai da qualche anno». Boom bàmba boom boom. Una giornalista della Npr l' altro giorno è andata in giro per Washington Square trascinandosi dietro uno di questi vecchi boombox. Lì, proprio nel cuore del Village. Tra l' universitàe la Quarta Strada West dove Bob Dylan abbracciava Suze Rotolo sulla copertina di Freewhellin' : 1963.E che cosa hanno risposto quei signori che pure convivono da sempre con ogni tipo di bohème? Che cosa ricordano di quei mostri? «Il rumore!». Sì, è passato quasi un quarto di secolo e solo Lyle Owerko poteva provare a riscattare quest' obbrobrio dall' oblio. «Sono sempre stato affascinato dal significato delle cose piuttosto che dal semplice aspetto». Ci mancherebbe. Come fai a chiamarli belli questi colossi di transistor e di watt? The Boombox Project è il libro in cui Lyle prova a ripercorre la s t o r i a d e l l e «macchine, la musica e l' underground urbano». Ma occhio: Owerko nonè il fotografo glamour che t' aspetti. Da New York ha girato mezzo mondo prima di rientrare dal Sudafrica proprio la mattina dell' 11 settembre 2001. Per correre sotto casa e scattare le foto delle Due Torri in fiamme finite sulla copertina di Time. E quella dell' Uomo che cade che è diventato il titolo di un romanzo di Don DeLillo. Ecco: DeLillo saprebbe cos' è il rumore. Il Rumore Bianco di un altro suo successo. Il rumore della solitudine che la rockstar Bucky Wunderlick rinchiude nel suo amplificatore nel primo romanzo sulla crisi del rock: Great Jones Street. Il nome di una via proprio dietro a Ground Zero. Del resto la storia dei boombox sarà mica solo storia della musica nera. «La prima volta che ho sentito Kashmir dei Led Zeppelin» dice sempre Owerko «veniva dai radioloni». Kashmir??? Oddio: il gioco senza frontiere non si ferma più. Per esempio: solo uno scherzo poteva far nascere lo strumento che sarebbe stato il simbolo della rabbia nera nel diligentissimo Giappone. È laggiù che Sharp, Jvc, Aiwa, Sony si lanciano in quella corsa alla miniaturizzazione del suono che porterà alla produzione di due apparecchi diametralmenti opposti. I radioloni appunto.
 E il walkman. Se non li metti insieme non cogli le due facce della stessa medaglia.I radiolonie le cuffiette sono la disintegrazione del moloch della radio e dell' alta fedeltà. Certo: per i giapponesi vale più l' esigenza di fare spazio nelle loro case sempre più piccole. Ma per il resto del mondo è una rivoluzione sociale. La fine dell' ascolto di famiglia. Ricordate Walter Benjamin? Come cambia l' opera d' arte nell' epoca della F sua riproducibilità tecnica. Beh: lui pensava a fonografo e radio. E che rivoluzione fu la sala da concerto che si godeva in salotto. Ma poi dal salotto la musica finì sulle strade. Con i radioloni e il walkman. Boom bàmba boom boom. Dalla libertà allo sfregio (dello spazio pubblico) il passo è breve: soprattutto se sei una montagna nera di muscoli e rabbia che non vuole abbassarsi al gusto degli altri. L' aveva capito David Foster Wallace nel Rap spiegato ai bianchi: «In molti sensi - parecchi piuttosto perversi - il rap, a livello di forma e contenuto, rispedisce al mittente la busta "libertà" con una forza che non si era più vista dai tempi di James Dean ed Elvis Presley». Dice in parole più povere Owerko: il boombox è grosso, è ostentazione. Rappa in parole ancora più povere LL Cool J: «Mi dispiace se non capite / ma io ho bisogno di sentire / questa radio tra le mani / Non voglio mica disturbare nessuno / ma il mio volume / resta fisso al massimo». Ma allora perché alla fine ha vinto il walkman? «Il mio boombox oggi si chiama iPod» dice Fab 5 Freddy: che oltre a essere un profeta dell' hip hop fu compagno d' arte di Basquiat. La fine di un mondo? Ma no: in fondo dai radioloni alle cuffiette è la continuazione del volume con altri mezzi. Boom bàmba boom boom: e tanto peggio per chi non sta mai ad ascoltare.

BY Retro Man Phuket

Nessun commento:

Posta un commento